martedì 20 gennaio 2009

Palmyra

L’impegno dell'Università del Studi di Milano in Siria continua su due fronti con le campagne archeologiche nell’area intorno alla città di Palmira condotte dalla professoressa Maria Teresa Grassi del dipartimento di Scienze dell’Antichità e dal professor Mauro Cremaschi del dipartimento di Scienze della Terra “A. Desio” con la collaborazione della Direzione generale delle Antichità e dei Musei di Damasco.
L’équipe della professoressa Grassi, dopo la ricognizione del sito fatta nella prima missione (novembre 2007) ha avviato lo scavo in corrispondenza della struttura più imponente del quartiere a sud-ovest di Palmira (l’antica Tadmor), costituita da un peristilio di forma quadrata di cui restano in situ 12 colonne su tre lati.
In particolare dalle operazioni di scavo sono emersi i livelli più recenti di occupazione dell’area - databili in epoca bizantina (V-VI secolo d.C.) - quando il complesso fu ampiamente ristrutturato e furono creati nuovi ambienti, mentre dell’imponente edificio più antico - probabilmente di piena età imperiale romana - rimangono i muri in blocchi di calcare locale e qualche prezioso frammento della lussuosa decorazione di stucchi.
Missione geoarcheologica invece quella condotta dal gruppo del professor Mauro Cremaschi, in collaborazione con l’Università di Udine, nei territori desertici che circondano l’oasi di Palmira e che ha permesso, grazie al rinvenimento di 250 siti archeologici, di tracciare un quadro innovativo sul popolamento umano e sui mutamenti climatici a partire da 20 mila anni fa.
La ricerca del professor Cremaschi - condotta con nuove tecniche di rilevamento e documentazione (remote sensing e piattaforma GIS) oltre allo studio di archivi paleoclimatici identificati (analisi pedologiche e sedimentologiche avanzate, datazioni radiometriche, ecc.) – ha raccolto una grande quantità di materiale che va dal Paleolitico Medio al Medioevo islamico.
Gli studi hanno evidenziato il ruolo strategico svolto dalla regione della Palmirana principalmente nell’area di Wadi el Hallabat, nella valle di Ad-Daww e lungo il margine meridionale della Sabkhat al Mu, un territorio fino a 7 mila fa con una notevole disponibilità di acqua, e quindi con più alte potenzialità di studio dei cambiamenti climatici e della loro influenza sullo sviluppo delle comunità archeologiche.
La regione - secondo fonti paleo-babilonesi - già a partire dall’inizio del II millennio a.C. è una tappa della via carovaniera tra la Mesopotamia e il Mediterraneo, e ne diventa snodo centrale già nella seconda metà del III millennio a.C. In epoca romana infine la regione coincide con l’ultimo tratto della “Via della Seta”, poi luogo di passaggio della Strata Diocloetiana e infine limes romano prima e bizantino poi.
Per approfondire i risultati delle missioni 2008 e scoprire cosa attenderà i nostri studiosi per il 2009 potete scaricare le relazioni della professoressa Grassi e quella del professor Cremaschi.

giovedì 1 gennaio 2009

Scoperte in Egitto tombe di 4300 anni fa

Gli archeologi egiziani hanno scoperto due tombe risalenti a più di 4.300 anni fa. Secondo il Consiglio supremo dei Beni antichi, i sepolcri furono costruiti ai tempi di Unis, l'ultimo faraone della quinta dinastia. Gli studiosi ritengono che una delle tombe appartenga al supervisore generale delle spedizioni del faraone, l'altra al cantante di corte. I reperti sono stati trovati a 400 metri sud ovest della piramide del re Zoser, che si trova nella necropoli di Saqqara (30 chilometri a sud del Cairo).